Sabato, 26 Settembre, 2020

I resti mortali di don Stefano Gerbaudo tumulati nella chiesa parrocchiale di Centallo

“La sua tomba diventi meta di preghiera, consolazione e forza”

Di Sabrina Pelazza 

CENTALLO. L’idea di una “chiesa in uscita”, tanto cara a Papa Francesco, avrebbe sicuramente trovato il pieno consenso del servo di Dio don Stefano Gerbaudo, centallese, vissuto dal 1909 al 1950. Per coinvolgere le persone ad incontrare il Signore, per invitarle alla santità. In una delle due serate (di venerdì 25 e sabato 26 settembre) a lui dedicate in occasione della traslazione e tumulazione dei suoi resti mortali nella chiesa parrocchiale di Centallo (luogo in cui ha ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana), ci siamo permessi di spingerci al di fuori dell’edificio ecclesiale, per chiedere agli abitanti del paese, non coinvolti nella celebrazione, se e cosa sapessero di lui. A quell’ora della sera, quando la gente esce o rientra a casa, in giro ci sono solo i giovani e giovanissimi o persone di mezza età, che ci confidano che “le informazioni su questo sacerdote ci sono state, e se n’è parlato anche molto in paese”. Ma è altrettanto vero, ci confida Maria nella sua età matura, “che, presi dal lavoro, ci lasciamo prendere dalle altre preoccupazioni, e chi lo conosce è soprattutto perché è ancora  un suo lontano parente”.

Dunque, il percorso di santità di don Gerbaudo dev’essere ancora molto svelato, nonostante tutti gli eventi a lui dedicati e curati, sia dall’Associazione che porta il suo nome, e sia dalle consacrate dello Istituto delle Missionarie diocesane di Gesù Sacerdote, da lui fondato. “Una consacrazione totale vissuta nel mondo come laiche”, come hanno detto le presenti (tra cui Pina Rinaudo, una delle prime a recarsi in Patagonia nel 1963). Un Istituto che oggi è diffuso soprattutto in altre parti del mondo, per sostenere, con la preghiera e il sacrificio, il percorso spirituale di seminaristi e presbiteri. Don Stefano, che di questa missione ha dato l’esempio con la vita, offrendosi totalmente a Dio, si è spento a 41 anni per un cancro alla spina dorsale che lo ha letteralmente consumato.

Le due serate sono state quindi una tappa del percorso intrapreso dal 2009, in concomitanza con la ricorrenza del centenario della sua nascita, per giungere al riconoscimento della sua beatificazione da parte della Chiesa. Nell’incontro di venerdì, la semplicissima cassa contenente le sue spoglie mortali è stata dapprima traslata nella chiesa parrocchiale del paese, per poi essere vegliata da molti fedeli, giovani e non, con turni di preghiera animata fino al mattino. Dando così spazio alla lettura dei pensieri di quanti lo conobbero per il suo zelo spirituale, che partiva innanzitutto dalla preghiera. Scrisse la maestra Lucia Manassero “Ci faceva fare tante ore di adorazione notturne e diurne”. E ancora don Vincenzo Vergano rimase colpito nello scoprire che durante “la ricognizione dei resti mortali…le rotule delle sue ginocchia erano consumate; si è consumato le ginocchia a pregare!” I gesti simbolici che hanno quindi accompagnato il momento iniziale della veglia (la parola di Dio, il crocifisso e il cero pasquale) hanno reso onore alla fede, all’offerta di se stesso e alla sua testimonianza, cha dava con gioia, esortando tutti a “stare costantemente allegri” e “ad essere a servizio gli uni degli altri”.

Il sabato sera (con possibilità di confessioni e momenti di riflessione personale durante tutta la giornata), nella solenne e partecipata eucarestia presieduta dal Vescovo Piero Delbosco (trasmessa anche sul canale youtube della Diocesi e con maxischermo fuori dalla chiesa, animata dalla corale parrocchiale guidata da Luca Giachero), le sue spoglie mortali sono state collocate nella cappellina laterale a sinistra dell’altare, dedicata a San Giuseppe. Don Giovanni Quaranta, parroco a Centallo prima di don Andrea Ciartano, nel presentare don Gerbaudo all’inizio della messa ha detto che “da sempre la Chiesa ricorda i suoi santi nel giorno in cui hanno concluso il cammino terreno, entrando a vita piena del Signore morto e risorto. Alla morte di don Stefano già si dice che è un santo “per il dono di tutta la sua esistenza”. “Che la sua tomba diventi dunque meta di preghiera, consolazione e forza per tanti”.

Una giovane voce del paese, Roberta, pensa che “in un tempo in cui tutto sembra andare storto e in cui abbiamo bisogno di essere rincuorati, la sua figura di beato locale ci può rendere più orgogliosi e più vicini”. “Per quanto possa seguire la Chiesa, il suo riconoscimento sarebbe un’ottima cosa per i centallesi”, afferma la giovanissima Francesca. “Perché”, sostengono insieme a lei altre due sue coetanee,” ricoprirebbe un significato importante avere un santo originario proprio di qui per un piccolo paese come il nostro”.

Ad oggi, la Chiesa su di lui non si è ancora pronunciata, ha continuato il Vescovo Delbosco nell’omelia della messa, “non l’ha proclamato né santo né beato, ma per noi già lo è”. Certi dunque della sua intercessione, il Vescovo gli ha affidato i due seminaristi e i due diaconi che saranno ordinati sacerdoti a Cuneo tra non molti giorni”. Augurando che l’insegnamento della sua vita esemplare, “insieme a quella dei due preti martirizzati a Boves durante la Seconda guerra mondiale (don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo, ndr), diventino modelli per tutto il nostro clero diocesano”; auspicando di trovare, per loro aiuto, “uno stile nuovo di annunciare il vangelo, adatto al nostro tempo. Impariamo a chiedere di più per la nostra santità”.

“Pregarlo perché conterraneo” è una delle cose che alcuni centallesi incontrati metterebbero in conto, “perché lo sentiremmo più vicino a noi e con una spinta maggiore nella nostra ricerca spirituale”. E lui, don Stefano Gerbaudo, con la promessa che ha fatto prima di entrare nella comunione eterna, letta nella veglia del venerdì, è come se avesse voluto rispondere a tutte le speranze della sua gente e dei fedeli: “Dal cielo vi aiuterò di più, continuerò ad essere il vostro Padre spirituale... vi metto tutti ed ognuno sulla patena e nel calice”.

 

Da pag.65 “la Fedeltà” 30 settembre 2020 -VITA ECCLESIALE-

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